Odnośniki


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to, due autori principali diversi, due diverse cagioni, due
diversi ordini di fatti, «ordinò che il Mora suddetto...
fosse di nuovo interrogato diligentissimamente, però
senza tortura, per fargli spiegar meglio le cose confessa-
te, e ricavar da lui gli altri autori, mandanti, complici del
delitto; e che dopo l esame fosse costituito reo, con la
narrativa del fatto, d aver composto l unguento mortife-
ro, e datolo a Guglielmo Piazza; e gli fosse assegnato il
termine di tre giorni per far le sue difese. E in quanto al
Piazza, fosse interrogato se aveva altro da aggiungere al-
la sua confessione, la quale si trovava mancante; e, non
n avendo, fosse costituito reo d avere sparso l unguento
suddetto, e assegnatogli il medesimo termine per le dife-
se.» Cioè: vedete di cavar dall uno e dall altro quello che
si potrà: a ogni modo, sian costituiti rei, ognuno sulla
sua confessione, benché siano due confessioni contrarie.
Cominciaron dal Piazza, e in quel giorno medesimo.
Da aggiungere, lui non aveva nulla, e non sapeva che
n avevan loro; e forse, accusando un innocente, non ave-
va preveduto che si creava un accusatore. Gli domanda-
no perché non ha deposto d aver dato al barbiere della
bava d appestati, per comporre l unguento. Non gli ho
dato niente, risponde; come se quelli che gli avevan cre-
Letteratura italiana Einaudi 81
Alessandro Manzoni - La storia della Colonna Infame
duta la bugia, dovessero credergli anche la verità. Dopo
un andirivieni d altre interrogazioni, gli protestano che,
per non hauer detta la verità intera, come hauea promes-
so, non può né deue godere della impunità che se gli era
promessa. Allora dice subito: Signore, è vero che il sud-
detto Barbiero mi ricercò a portargli quella materia, et io
glie la portai, per fare il detto onto. Sperava, con l am-
metter tutto, di ripescar la sua impunità. Poi, o per farsi
sempre più merito, o per guadagnar tempo, soggiunse
che i danari promessigli dal barbiere dovevan venire da
una persona grande, e che l aveva saputo dal barbiere
medesimo, ma senza potergli mai cavar di bocca chi fos-
se. Non aveva avuto tempo d inventarla.
Ne domandarono al Mora, il giorno dopo; e probabil-
mente il poverino l avrebbe inventata lui, come avrebbe
potuto, se fosse stato messo alla tortura. Ma, come ab-
biam visto, il senato l aveva esclusa per quella volta, affi-
ne, si vede, di render meno sfrontatamente estorta la
nuova ratificazione che volevano della sua confessione
antecedente. Perciò, interrogato se lui Constituto fu il
primo a ricercare il detto Commissario... et gli promise
quantità de danari; rispose: Signor no; e doue vole V.S.
che pigli mi (io) questa quantità de danari? Potevano in-
fatti rammentarsi che, nella minutissima visita fattagli in
casa quando l arrestarono, il tesoro che gli avevan trova-
to, era un baslotto (una ciotola), con dentro cinque par-
pagliole (dodici soldi e mezzo). Domandato della perso-
na grande, rispose: V.S. non vole già se non la verità, e la
verità io l ho detta quando sono stato tormentato, et ho
detto anche d avantaggio.
Ne due estratti non è fatto menzione che abbia ratifi-
cata la confessione antecedente; se, come è da credere,
glielo fecero fare, quelle parole erano una protesta, della
quale lui forse non conosceva la forza; ma essi la dove-
van conoscere. E del rimanente, da Bartolo, anzi dalla
Glossa, fino al Farinacci, era stata, ed era sempre dottri-
Letteratura italiana Einaudi 82
Alessandro Manzoni - La storia della Colonna Infame
na comune, e come assioma della giurisprudenza, che
«la confessione fatta ne tormenti che fossero dati senza
indizi legittimi, rimaneva nulla e invalida, quand anche
fosse poi ratificata mille volte senza tormenti: etiam
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quod millies sponte sit ratificata ».
Dopo di ciò, fu a lui e al Piazza pubblicato, come al-
lora si diceva, il processo (cioè comunicati gli atti), e da-
to il termine di due giorni a far le loro difese: e non si ve-
de perché uno di meno di quello che aveva decretato il
senato. Fu all uno e all altro assegnato un difensore
d ufizio: quello assegnato al Mora se ne scusò. Il Verri
attribuisce, per congettura, quel rifiuto a una cagione
che pur troppo non è strana in quel complesso di cose.
«Il furore», dice, «era giunto al segno, che si credeva
un azione cattiva e disonorante il difender questa di-
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sgraziata vittima. »Ma nell estratto stampato, che il
Verri non doveva aver visto, è registrata la cagion vera,
forse non meno strana, e, da una parte, anche più trista.
Lo stesso giorno, due di luglio, il notaio Mauri, chiama-
to a difendere il detto Mora, disse: io non posso accettare
questo carico, perché, prima sono Notaro criminale, a chi
non conviene accettar patrocinij, et poi anche perché non
sono né Procuratore, né Avocato; anderò bene a parlarli,
per darli gusto (per fargli piacere), ma non accettarò il pa-
trocinio. A un uomo condotto ormai appiè del supplizio
(e di qual supplizio! e in qual maniera!), a un uomo pri-
vo d aderenze, come di lumi, e che non poteva aver soc-
corso se non da loro, o per mezzo loro, davano per di-
fensore uno che mancava delle qualità necessarie a un
tal incarico, e n aveva delle incompatibili! Con tanta leg-
gerezza procedevano! mettiam pure che non c entrasse
malizia. E toccava a un subalterno a richiamarli all os-
servanza delle regole più note, e più sacrosante!
Tornato, disse: sono stato dal Mora, il quale mi ha det-
to liberamente che non ha fallato, et che quello che ha det-
to, l ha detto per i tormenti; et perché gli ho detto libera-
Letteratura italiana Einaudi 83
Alessandro Manzoni - La storia della Colonna Infame
mente che non voleuo né poteuo sostener questo carico di
diffenderlo, mi ha detto che almeno il Sig. Presidente sij
servito (si degni) di prouederli d un diffensore, et che non
voglia permettere che habbi da morire indiffeso. Di tali fa-
vori, e con tali parole, l innocenza supplicava l ingiusti-
zia! Gliene nominarono infatti un altro.
Quello assegnato al Piazza, «comparve e chiese a voce
che gli fosse fatto vedere il processo del suo cliente; e
avutolo, lo lesse». Era questo il comodo che davano alle
difese? Non sempre, poiché l avvocato del Padilla, che
divenne, come or ora vedremo, il concreto della persona
grande buttata là in astratto e in aria, ebbe a sua disposi-
zione il processo medesimo, tanto da farne copiar quella
buona parte che è venuta per quel mezzo a nostra noti-
zia.
Sullo spirar del termine, i due sventurati chiesero una
proroga: «il senato concesse loro tutto il giorno seguen-
te, e non più: et non ultra». Le difese del Padilla furon
presentate in tre volte: una parte il 24 di luglio 1631; la
quale «fu ammessa senza pregiudizio della facoltà di
presentar più tardi il rimanente»; l altra il 13 d aprile
1632; e l ultima il 10 di maggio dell anno medesimo: era
allora arrestato da circa due anni. Lentezza dolorosa
davvero, per un innocente; ma, paragonata alla precipi-
tazione usata col Piazza e col Mora, per i quali non fu
lungo che il supplizio, una tal lentezza è una parzialità
mostruosa.
Quella nuova invenzione del Piazza sospese però il
supplizio per alcuni giorni, pieni di bugiarde speranze,
ma insieme di nuove crudeli torture, e di nuove funeste
calunnie. L auditore della Sanità fu incaricato di riceve-
re, in gran segreto, e senza presenza di notaio, una nuo-
va deposizione di costui; e questa volta fu lui che pro-
mosse l abboccamento, per mezzo del suo difensore,
facendo intendere che aveva qualcosa di più da rivelare [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]
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